La storia italiana (made in China) di un ragazzo che a soli 11 anni cambia paese, abitudini, lingua, cambia vita. Tutto cambia, ma il cuore (e le radici) restano.
Gli italiani hanno sempre in testa un buon numero di curiose domande sulle abitudini dei cinesi. Luoghi comuni da sfatare, storie da conoscere: perché i cinesi non dicono la erre? Perché i bambini cinesi a scuola parlano poco? Perché amano tanto il colore rosso? I cinesi sembrano tutti uguali, anche loro pensano che noi occidentali ci assomigliamo tutti? Ma i massaggi cinesi funzionano? Mangiano gli insetti? E’ vero che i cinesi di Milano vengono tutti dallo stesso posto?
石洋 Shí Yáng è un bambino bravissimo, a scuola ed a casa. Casa sua è a 济南 Jǐnán, città a 400 km da Pechino, capoluogo della provincia dello Shāndōng. Nel 1990, Shí Yáng lascia la sua città natale da “piccolo drago” cioè promessa vivente di un futuro radioso e di successo, per sé e per la propria famiglia (Bàba e Māmā). Arriva in una Milano che lo accoglie in modo davvero inaspettato. Cuore di seta è un romanzo di formazione dei più classici, bello e romantico, sofferto e vivo come solo la vita vera può essere.
Sulla quarta di copertina Yáng scrive: “io sono cinese. E sono italiano. Mi sento un albero anfibio in grado di vivere sia nell’acqua sia sulla terra, ma con le radici sprofondate nell’eredità culturale e spirituale degli uomini”. Italiano e cinese insieme, non mezzo uno e mezzo l’altro, ma entrambi e per intero: riconoscersi in più culture non è una menomazione ma una ricchezza.
Certo, il messaggio non è facile da comunicare, la storia avventurosa di Yáng lo spiega bene. L’essere umano di ogni paese tende a ragionare per categorie dicotomiche, rischiando di ergere pericolosi muri basati sul fraintendimento: connazionale/straniero, uguale/diverso, italiano/cinese, etero/gay (spoiler alert: ebbene sì, è una storia a lieto coming-out-fine!) non sono etichette mutuamente esclusive, ma definizioni così fluide da potersi abbracciare in un unico.
Yáng è solo “un cinese” per gli italiani di Cirò Marina, che lo recludono – ancora minorenne – in una cucina a scrostare padelle per due lire. Al contempo, però, quando torna in Cina è per i suoi compagni un 老外 lǎowài , straniero o peggio 香蕉人 Xiāngjiāo rén “ragazzo banana” : giallo fuori e bianco dentro.
Shí Yáng non si dà per vinto, lavora sodo per ricucire lo strappo nella seta del suo cuore,insiste alla ricerca di se stesso e del suo posto nel mondo fino a che quello strappo nel cuore non si trasforma in “un occhio nuovo, con cui guardare, più dolcemente, al fiume della vita.”
Ci sono almeno 6 ottimi motivi per (acquistare e) leggere Cuore di Seta:
1. ha uno stile scorrevole e diretto, si legge tutto d’un fiato come se fosse il diario ben scritto di un caro amico.
2. è l’autobiografia di un personaggio famoso, Yáng ha fatto l’attore in teatro, la iena in tv, l’ospite di Daria Bignardi, il traduttore per Pavarotti e qui interpreta la più autentica versione di se stesso: Shí Yáng Shí (spoiler alert: se vi state chiedendo perché il suo nome ha tre caratteri anziché due, andate direttamente a pagina 166)
3. un esempio raro (forse unico?) di letteratura cinese scritta direttamente in italiano: tutta la densità espressiva del pensiero cinese senza nessuna perdita di gusto o di senso, poiché non è stato necessario alcun adattamento linguistico.
4. questa storia italiana made in China non solo risponderà fin dalle prime pagine e senza tanti preamboli alle famose domande sui cinesi di cui si diceva all’inizio, ma sarà un vero e piacevole viaggio alla scoperta dell’altro, oltre ogni pregiudizio.
5. contiene tanti modi di dire cinesi, tradotti e ben spiegati. Tipo: 鹤立鸡群 Hè lì jī qún distinguersi dalla folla, in inglese to be a flamingo in a flock of pigeons; 落叶归根 Luò yè guī gēn tornare alle radici, the apple doesn’t fall far from the tree.
6. Parla anche di cucina cinese. A pagina 41 e seguenti Yáng racconta delle sue domeniche a casa della nonna: si cucinano e si mangiano i ravioli. Ascolta la lettura dell’estratto su Soundcloud!