Il problema è che quando hai del tempo da perdere ti viene d’improvviso in mente che ti scoccia da morire perdere tempo.
Quarantena da pandemia, fratture e legamenti smaciullati, restare bloccati in aeroporto causa maltempo: chi ha sperimentato almeno una di queste condizioni ha già capito che cosa intendo dire, meno puoi fare e più vorresti fare tutto ciò che hai lasciato in arretrato. Che poi, se non fossi stato bloccato, magari nemmeno avresti notato di avere dell’arretrato, perché continuando a correre senza sosta ti saresti anzi sentito terribilmente a buon punto. Strani bias del tempo fluido!
Nota autobiografica tra le righe: ispirata da Jamiroquai, che leggenda metropolitana del tempo che fu vaneggiava ballasse così dinoccolato perché aiutato dalla mancanza di rotule integre, mi sono spappolata un’articolazione, proprio ballando. Nella settimana più critica ed impegnativa dell’anno mi sono così ritrovata a fissare il soffitto, con molto tempo a disposizione per constatare quanto siano infondate le leggende: senza rotule non riesci neanche a spostare un libro o afferrare il PC, altro che ballare. Il mio senso di “perfettamente nei tempi” è diventato di botto “in ritardo su tutta la linea” e così ho dovuto ob torto collo pensare ad un piano B.
In queste situazioni “perditempo” tocca aspettare con pazienza che il tempo passi. Conviene lasciare proprio perdere il conteggio delle ore e dei minuti che d’improvviso sembrano risorse tanto preziose, la smania produttiva dell’umano-bloccato va lasciata andare. Nell’impasse, lascio dunque che il tempo si perda, che scorra fluido come un lento fiume, combattendo l’idea che il temps perdu sia invece il più prezioso, l’attesa infinita e futile. Certamente – concludo – in un universo parallelo in questo stesso tempo avrei fatto cento cose utilissime, ma tant’è.
Il cervello si riempie di vorrei ma non posso (camminare, spostarmi, concentrarmi) e potrei ma non voglio (ripassare la tabellina del 18, dire l’alfabeto al contrario o chiamare quel parente logorroico che non sento mai). Fare o non fare? Se potessi fare farei, se non potessi.. Finisco spiaggiata tra le sabbie dell’immobilismo controfattuale, per tacer della consecutio temporum.
Che poi d’estate si suda anche.
1 | Best Adv (di servizi per imparare le lingue, tipo Berlitz e Babbel)
La pubblicità ha un potere anestetico fantastico, imbambola perfettamente. A volte, lascia anche qualche spunto di riflessione, ad esempio su come cambia la società (oppure su come non cambia mai). Questo video di réclames per servizi di apprendimento delle lingue è ben bilanciato tra era analogica – quando si usavano le audiocassette per studiare inglese – e tempo delle app. Entrambe le epoche comunque paiono piene strapiene di stereotipi sui popoli e le culture: gli italiani con la scena del padrino (che il povero discente interpreta parlando piuttosto stentatamente), la spagnola focosa dame más, i tedeschi zero-anglofoni che però ci provano comunque perché non ammettono di non saperci fare in qualche cosa. C’è anche il nero con il bel sedere che ops! sapeva il cinese e ha capito perfettamente che le ragazze stavano parlando delle sue doti non nascoste. Un simpatico catalogo di stupidaggini che però pongono un quesito interessante: se tu fossi un pubblicitario, su che cosa punteresti per far venire voglia alle persone di studiare una lingua? Hai 50 secondi a disposizione e un budget piccolino (i servizi linguistici non sono la RedBull) per rendere appetitosa una cosa che per la maggior parte degli adulti in età post scolare sa ancora di pallosissimo obbligo. Sfidante, vero?
Secondo motivo di interesse: di sicuro c’è almeno uno sketch comico in cui ti ritrovi, se hai fatto qualche viaggio. Nel mio caso, ho sorriso nel vedere le sventure di una ragazza dall’inglese scolastico alle prese con un ordine al fast food. Ricordo benissimo la prima volta che sono stata da sola negli USA, a sedici anni: la signora dietro la cassa mi sembrava emettere suoni mai sentiti prima, panino extra large? Doppia salsa? Mangi qui o porti via? Mi dai il tuo iban? Rispondevo solo e sempre YES! YES! YES! senza il coraggio di guardarla negli occhi.
[Boring note: ordinare al fast food è una delle prove linguistiche in-real-life più tostissime di sempre, all over the world, perché c’è: 1) la velocità supersonica, magari anche con cantilena da scazzo di fine turno 2) lo slang commerciale o locale (i fast food non sono il Marriott) 3) alcune parole straniere L3 pronunciate in lingua straniera L2 stranissime per le tue orecchie abituate alla lingua madre L1, ovvero: un italiano che ascolta un americano che dice una parola francese contenuta nel nome di un panino ne conclude senz’altro ciao Maria, io vado]
2 | Uomini, donne, scimmie e biscotti. Ovvero: Michael Tomasello sei sicuro che siano loro quelli senza teoria della mente?
Breve premessa: per un esame di Logica (che non conteneva alcuna traccia di Logica) mi sono zuppata il libro di un tizio di nome Michael Tomasello, che sostiene che le scimmie (e gli autistici) non abbiano teoria della mente. In sintesi, il genere umano normo(neuro)dotato si sarebbe evoluto grazie al fatto che copiamo gli altri per raggiungere un risultato prima ancora di metterci la testa autonomamente, cosa che permette un gran risparmio di tempo, in termini evolutivi. La scimmia invece, povera stella, ci prova sempre da sola, prima di copiare. Ne consegue che: a) i copioni siamo noi e non le scimmie b) la copia ti fa sveglio (parafrasando Zemeckis) c) la scimmia non capisce le tue intenzioni, così come accade all’Asperger tipo Sheldon Cooper, mentre l’evoluto uomo-copione alla Homer Simpson le capisce eccome. Ecco perché alcuni collaborano (e copiano) ed altri no.
Io, che sono un po’ Sheldon e piuttosto che copiare o collaborare mi chiudo in una cantina a pensare in solitaria per un mese, avrei chiesto volentieri a Mister Tomasello se il punto è davvero la capacità di cogliere l’intento altrui e non – piuttosto – l’interesse (o l’abitudine o la fiducia) nell’altrui.
Morale della favola, mi capita ‘sto video in super mega HD sulle scimmie che fanno i biscotti cookies con gocce di cioccolato e siccome non me ne frega niente degli intenti di chi l’ha girato o degli intenti di Tomasello ma mi piacciono i biscotti e i video in HD e i miei bizzarri intenti autoprodotti, me lo guardo tutto quanto. Chi vi sembra più sveglio, lui, lei o le scimmie? Chi insegna e chi costringe? Fa differenza sul risultato applicativo? Insomma, esiste un rapporto tra tipo d’interazione e gocce di cioccolato correttamente versate nella ciotola? Parliamo di collaborazione oppure di abitudine (ad eseguire VS a proto-ragionare)? Marzullo ha una teoria della mente o spara domande come queste, fregandosene degli intenti dello spettatore? Ci si può assuefare all’autocrazia comunicativa di un probabile Asperger? Lo share di Marzullo – e più ancora di Sheldon Cooper – sembra propendere per una risposta affermativa, Mr. Tomasello.
3 | La sigla di Doraemon suonata da un dipinto vivente cinese
Accostarsi alla musica tradizionale cinese è un po’ complicato. Modo carino per dire che le musiche classiche dell’est e dell’ovest non sono uguali, così come le scritture, così come gli sport, così come le medicine. Modo ancora più carino per dire che se la prima volta che ascolti un concerto di 琵琶 pipa ti sembra leggermente straziante è normale.
Le orecchie si possono educare, proprio come si insegna ed impara a camminare o a correre; meglio avvicinarsi agli strumenti classici cinesi piano piano. Il metodo di Socrate paga, un poco di cicuta tutti i giorni porta all’immortalità. Per le mie orecchie di oggi, la pentatonica cinese e le tecniche percussive sulle corde sono estremamente rilassanti, ma quanto ho dovuto praticare prima di accogliere questa musica nel cuore!
Nel canale Zi de Guqin Studio ci sono un sacco di video simpatici, che fanno sentire in modo originale, moderno e gradevole i suoni cinesi del Guqin e Hulu (strumenti tradizionali).
4 | Ma è vero che in cinese sbagli una virgola e cambia tutto il senso? Tipo che magari ti esce anche un insulto?
Drammi e gioie di una lingua tonale, è purtroppo vero: da un piccolo errore possono nascere grandi fraintendimenti. Gli studenti di cinese si sentono spesso fare domande bizzarre, molti “ma è vero che” e diverse traduzioni all’impronta, tipico il tatuaggio sulla chiappa destra o il foglietto illustrativo di qualche gadget low cost. Tutto esercizio, 同学们! Questo video secondo me fa ridere anche non sapendo un’acca di cinese; meno ridere se non si sa nemmeno un’acca di inglese. Comunque si può sempre optare per la soluzione evoluta/empatica, ci sono le figure, gli intenti si capiscono.
5 | Usanze di matrimonio cinesi
Questo video è un racconto fatto da Fiona Tian. È tutto in inglese e senza sketch o figure, quindi ok, faccio un riassunto; però dai, che almeno l’inglese bisogna un po’ masticarlo. Non sapere le lingue all’epoca di YouTube è impossibile oltre che difficilmente giustificabile, vale come non saper dormire o mangiare, basta un pizzico di curiosità e buona volontà. Più un bravo pubblicitario di servizi linguistici. Fiona Tian lavorava per il canale di servizi linguistici Chinesepod, poi è passata a Skritter, un’app efficientissima per la pratica di scrittura dei caratteri cinesi ma che costa una fucilata (e morire che i sinologi blogger italiani te lo dicano con trasparenza nelle recensioni). Sganci 100€ all’anno e ci mancherebbe anche che non fosse una bella app!
Comunque, Fiona Tian nasce a Taiwan e per via del lavoro dei genitori gira paesi anglofoni e sinofoni, dunque cresce perfettamente bilingue. In più, ha un bel viso regolare e sorridente con le lentiggini, la voce armoniosa, è una language learning influencer perfetta.
*Ai matrimoni cinesi si fa la busta (rossa) con i soldi e no, non fa cafone perché i soldi non si schifano mai, sono roba utile e la cultura cinese è tremendamente pratica. Hint: pensa bene a quanto mettere nella busta, informati sul ristorante, i costi della location e del pranzo, per non fare la figura del dummy.
*La busta viene aperta al momento e contabilizzata sotto il tuo naso; no, non fa cafone, perché arricchirsi è glorioso e poi non facciamo i perbenisti che tanto lo si fa anche noi di prendere nota dei totali, per non fare brutta figura quando tocca ricambiare. Tanto vale farlo alla luce del sole. Ad un matrimonio cinese, controlla anzi che il tuo importo sia trascritto correttamente, così che gli sposi sappiano bene quanto hai regalato. Quando ricambieranno, l’importo imbustato per te sarà senz’altro maggiore di quello ricevuto, fa parte dell’etichetta.
*Sulla busta è carino scrivere una frase augurale, come 白头到老 ovvero vi auguro di diventare vecchi insieme, ed il carattere matrimonio, 结婚. I caratteri cinesi sono anche una forma di arte pittorica e decorativa!
*Ci si annoia ai matrimoni cinesi? Niente affatto! C’è il presentatore ufficiale, giochi e quiz, probabilmente un karaoke ci scapperà. La sposa poi si cambia d’abito anche 4 volte quindi è proprio un grande evento a cui partecipare!
*Occhio a: dress code (sì c’è) e brindisi 干杯 gan bei (tanti ma tanti ma tanti)恭喜 恭喜!Congratulazioni!
Photo by Aron Burden